Tramontato il progetto per il rilancio della Cavallerizza, Giovanni Castellani punta ora a far passare il ritorno del cinema nella nostra città
Alberto Masoero Giovanni Guido
Inverno 2005/2006. Il cinema Moderno di via Girardengo, storica sala cinematografica cittadina, chiude i battenti dopo moltissimi anni. Troppa la concorrenza delle multisala che, poco alla volta, stanno conquistando il mercato, cancellando di fatto i cinema di piccole realtà di paese e di città. Novi segue Serravalle, che chiuse nella primavera del 2003, e anticiperà Arquata. Fine di un’epoca. Gennaio 2015. Una forte nevicata si abbatte sulla città e sul territorio. Il danno più grave la neve lo arreca a un altro pezzo di storia cittadina: la Cavallerizza, 10 stabile sito tra via Pietro Isola e piazza Pernigotti, nel bel mezzo della famosa Z3. Una parte del tetto crolla, mettendo a nudo le criticità dell’edificio. Sembra il primo passo verso la ricostruzione, ma poi tutto si ferma. La storia sparisce dai radar della comunicazione locale e, così come per il cinema, resta abbandonata a sé stessa. Due storie diverse, divise da dieci anni di storia novese, un’eternità, che hanno però alcuni punti in comune. Uno, forse il più importante, quello di essère transitati, sottoforma di nuovi progetti, sul tavolo dell’Amministrazione comunale. Anche più di una per la verità, parlando del cinema. Soffermiamoci su quella attuale. Due progetti, dicevamo. Due idee per 11 rilancio di due simboli della città. Rilancio che sarebbe passato attraverso imprenditori locali. Le risorse ci sono, la voglia e l’entusiasmo anche. Poi, di colpo, tutto si ferma, per la Cavallerizza. E per il cinema? Riuscirà a risorgere il vecchio Moderno oppure no? Chi ha presentato e portato avanti entrambi i discorsi è la stessa persona. Giovanni Castellani, ingegnere, professionista noto in città per il suo impegno nell’associazionismo, ex presidente-della Novese. È lui l’artefice di queste idee. Le racconta entrambe, ih maniera appassionata e con un filo di amarezza. Si nota, nel suo sguardo, nelle sue parole, il disappunto per un’occasione persa e il timore che, anche per quanto riguarda il Moderno, possa finire allo stesso modo. Dov’è l’intoppo? Dove il progetto si arena? Lo stesso Castellani fatica a trovare risposte, ma da una sua affermazione qualcosa si riesce a intuire. La domanda è chiara, semplice: quale è stato il comportamento dell’Amministrazione? Risposta altrettanto chiara e secca.
«Posso solo dire che l’interesse del Sindaco è sempre stato molto forte». Stop. Punto. E gli assessori? E i tecnici? Castellani ripete: il Sindaco. E basta.
Ingegner Castellani, partiamo dal recente passato. Gennaio 2015. Crolla parte del tetto della Cavallerizza. In città girano molte voci su un suo ripristino. Il Suo, però, è un progetto concreto. Di cosa si trattava?
«Ha ragione, purtroppo dobbiamo usare i tempi al passato. Si trattava della costituzione di una nuova società la quale avrebbe presentato un progetto di rilancio dello stabile, per quanto riguarda la parte storica. Avevamo già fatto incontri, accertamenti. C’era tutto: i soldi, gli imprenditori, l’entusiasmo».
Andando nello specifico, cosa sarebbe diventato lo storico edificio?
«Un polo dei prodotti locali a chilometro zero. Diviso in due settori:, piccola ristorazione e vendita di prodotti enogastronomici e di somministrazione. Lo avremmo dedicato solo alle aziende del territorio. La struttura era perfetta. Dentro, ci sarebbe stato tutto. Dal panettiere al pescivendolo, dal negozio di vini, a quello di frutta e verdura, al cioccolato».
Quanti imprenditori avevate contattato e quanti avevano dato la loro disponibilità?
«Gli imprenditori contattati erano molti, tra l’altro tutti con una grande esperienza alle spalle. Nessuno di loro era uno che si era inventato il mestiere dall’oggi al domani. Otto di loro si dissero convinti e confermarono la loro presenza nel progetto. Altri lo stavano valutando. Avevamo stimato, un totale di quaranta nuovi posti di lavoro all’interno dello stabile. Ma una cosa più di altre mi rendeva fiero».
Quale ingegnere?
Castellani tira fuori da un faldone alcuni ritagli di giornali. Articoli che parlano di bozze, di idee legate alla Cavallerizza. Parla con passione, si vede chiaramente quanto tenesse al progetto. Un progetto che lo rendeva orgoglioso di un particolare: «…Il fatto che si sarebbe creato qualcosa per Novi fatto da persone di Novi. Tutti locali, tutti commercianti del territorio. Il vero negozio ‘km O’. Una sorta di ‘Eataly’ novese, con prodotti di qualità: pane, dolci, vino, frutta e verdura, pesce, cioccolato. In più, piccoli ristoranti dove provare subito queste prelibatezze. Inoltre, avevamo allo studio l’ipotesi di creare un marchio nuovo per vendere i prodotti on line».
Il progetto viene presentato in Comune. Poi, che succede?
«Una domanda che mi sono fatto anche io e per la quale fatico a rispondere. Non lo so. Tutto df’un tratto si bloccò. Eppure, eravamo molto avanti con il progetto, il quale sarebbe stato il primo punto del rilancio dell’intera Z3».
Il primo punto significa che non c’era solo la Cavallerizza nei Suo sogni. Aveva in previsione altre idee legate a quella zona nevralgica della città?
«Sì, certamente. Volevamo realizzare un percorso pedonale che dalla piazza della fermata degli autobus arrivasse sino al Museo dei Campionissimi, passando per il liceo “Amaldi’. Un percorso verde, del quale avevamo già parlato al Dirigente Scolastico, il quale era felice dell’idea».
Il tempo passa e da palazzo comunale nessuna risposta…
«Con il risultato che l’interesse scema poco alla volta e anche chi mi aveva appoggiato in questa avventura
se ne disinteressa, fino a mollare definitivamente. Un peccato enorme, se si pensa che, nel giro di poco tempo, l’edificio sarebbe rinato definitivamente, non solo la parte storica».
Allude all’interesse di Acos per la parte non vincolante?
«Certo. La loro idea era quella di costruire una palazzina dove riunire uffici per i dipendenti e sportelli per i clienti. Sarebbe stata più comoda, in centro città e vicino ad ampi parcheggi».
Lei crede che i vertici di Acos siano ancora interessati e stiano portando avanti lo stesso il loro progetto?
«A quanto so io, il loro interesse attuale è lo stesso degli imprenditori da me contattati. Sminuito, quasi cancellato. Purtroppo, devo constatare ancora una volta che i tempi imprenditoriali e i tempi burocratici, soprattutto in questa città, sono lontani anni luce».
L’ingegnere appare veramente amareggiato. Ripete più volte il concetto di ‘occasione persa! Per vari motivi. Occupazionali. Architettonici. Economici. In sintesi, quella parte di Novi, della quale anche Muliere ha più volte detto di voler rilanciare, si sarebbe rilanciata davvero. Ma, se veramente il Primo cittadino si è sempre dimostrato interessato, chi e cosa ha spinto i vertici dell’Amministrazione a cambiare idea? Perché il progetto è rimasto su un tavolo per mesi e ora, a quanto pare, cestinato come una cartaccia qualsiasi? L’impressione, ascoltando le parole di Castellani, è che questa città, e chi l’amministra, non abbia, o non voglia avere, lo spirito imprenditoriale che in momenti come questi servirebbe. La città delle occasioni mancate, dei rilanci rimasti sulla carta. Tutto è fermo. Quasi come se si avesse paura delle novità.
Ingegnere, e se fosse solo un lungo ritardo?
«Mi creda, anche per i tempi biblici delle amministrazioni, un anno e mezzo senza una risposta sarebbe davvero eccessivo».
Quando presentò il progetto, quale fu la reazione dell’Amministrazione?
(…) Castellani abbozza un sorriso amaro, che sa di beffa subita. «Posso solo ripeterle quanto detto prima, ovvero che il Sindaco Muliere mostrò grande interesse».
Esiste una possibilità, anche remota, di un ritorno sulla Cavallerizza?
«Non credo proprio. Io, insieme a tutti coloro che volevano partecipare, dovremmo fare una lunga riflessione in merito. Ribadisco, l’interesse è scemato moltissimo».
Passiamo a un altro punto interrogativo della città. Il cinema. Da due si è passati rapidamente a zero. In questi dieci anni, tanti progetti che, sulla carta, sembravano ridare vita almeno a una delle due sale. Invece, il nulla di fatto. Ora, ci prova Giovanni Castellani. Ci spieghi come. Quali le Sue idee per far riaccendere le luci in sala?
«Innanzitutto devo dire che come progetto non siamo così avanti come lo eravamo per la Cavallerizza. Una società ha acquistato il Moderno. E la loro intenzione è proprio quella di farne un cinema. Niente alloggi, come in uno dei progetti precedenti. Vogliamo tornare all’antico. Fare cinema. La città lo chiede da anni».
Mi tolga una curiosità, ingegnere. Le persone che hanno acquistato il Moderno sono le stesse che facevano parte del progetto Cavallerizza?
«Sì, sono gli stessi imprenditori».
Fatto il primo passo, ne restano altri due. Trovare il gestore e ottenere il rilascio delle autorizzazioni. E sei i tempi sono gli stessi…
«Fortunatamente, il problema autorizzazioni non esiste. L’idea, infatti, è rimanere al di sotto dei 500 posti a sedere, il che non creerebbe problemi, visto che è un numero più basso rispetto al minimo richiesto per le autorizzazioni. Certo, la parte gestionale al momento resta in stand by. Stiamo cercando un gestore serio, competente, attivo da anni nell’industria delle sale cinematografiche. Con alcuni di loro c’è stato un discorso, ma niente di scritto. Parole, intenzioni, idee. Che speriamo di mettere nero su bianco. Siamo solo agli inizi, ma ci siamo già mossi in questa direzione».
In realtà, Castellani accennò l’idea del Moderno al termine dell’intervista sulla Novese. Prima di congedarsi, disse, con un sorriso colmo di speranza: «Entro pochi giorni saprò se potrò realizzare un mio sogno per la città». Quel sogno era il cinema. Il percorso è alle prime battute, ma l’ingegnere è ottimista. Tant’è vero che alla seguente domanda risponde con sicurezza.
Ha pensato a cosa fare se anche questo progetto andasse male? Sta vagliando delle alternative?
«No. Voglio solo portare avanti questo discorso».
Quali le condizioni minime per far rivivere il cinema di via Girardengo?
«Che la gestione sia la più seria ed esperta possibile. Non vogliamo avventurieri che vengano a Novi e si inventino un lavoro. E poi, collegandosi al discorso dei posti a sedere, l’obiettivo della nuova società è quello di garantire almeno tre sale. Non più una sola, ma tre. Questo per essere competitivi con il mercato attuale, che vede ormai solo multisala e non più il cinema classico, come lo erano il Moderno o l’Iris».
Ingegner Castellani, non mi dica che, anche in questo caso, il progetto è rimasto sul tavolo di qualche ufficio di palazzo comunale sommerso dalla polvere?
Castellani sorride. «Spero proprio di no. Sarebbe un passo importante verso quello spirito manageriale che la città sembra non avere».
La rinascita del cinema Moderno avrebbe un importante significato per Novi.
Lasciarlo abbandonato a sé stesso, quasi in modo disinteressato, come accaduto per la Cavallerizza, rientrerebbe tra la lista di occasioni perse che la città colleziona da tempo.